Riutilizzabili di nome, monouso di fatto: indagine sulle stoviglie in plastica

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Food Times_Indagine sulle stoviglie in plastica riutilizzabili

Piatti, bicchieri, posate e altre stoviglie in plastica definite ‘riutilizzabili’ stanno invadendo gli scaffali di supermercati e negozi, ma le informazioni per i consumatori sono spesso contraddittorie, incomplete o addirittura assenti. È quanto emerge dall’indagine ‘Usa&getta o riutilizzabile? Facciamo chiarezza!’ condotta in Italia dall’associazione Legambiente, che ha analizzato 317 prodotti di 70 marchi diversi, rivelando un quadro preoccupante di disinformazione e ambiguità.

La direttiva SUP e il vuoto da colmare

Da gennaio 2022, la direttiva europea SUP (Single Use Plastic) – recepita in Italia dal d.lgs 196/2021 – vieta la vendita di stoviglie in plastica monouso. Tuttavia, la normativa non definisce chiaramente cosa renda un prodotto ‘riutilizzabile’, lasciando spazio a interpretazioni arbitrarie.

Il risultato? Un’ampia offerta di stoviglie in plastica molto simili a quelle usa e getta, etichettate come ‘riutilizzabili’ ma spesso prive di indicazioni chiare su lavaggi, durata e smaltimento.

I numeri della confusione

L’indagine di Legambiente svela numerose irregolarità che possono favorire l’impiego di stoviglie ‘riutilizzabili’ come monouso. L’analisi dei 317 prodotti (campionato nel primo semestre 2024) riguarda tre ordini di informazioni.

– Origine e materiali. il 76,7% dei prodotti analizzati è made in Italy, ma il 5,7% non riporta alcuna informazione sulla provenienza. Quanto ai materiali, il 55,5% è in polistirene (PS06) e il 31,5% in polipropilene (PP05), ma le etichette sono spesso generiche o fuorvianti.

– Lavaggi e utilizzo. Il 38% dei prodotti non specifica il numero di lavaggi possibili, mentre tra quelli che lo fanno il 50% indica magicamente ’20 lavaggi’, indipendentemente dal materiale. Solo il 26,8% riporta indicazioni sia per lavastoviglie che microonde, ma appena l’8% fornisce dati completi sulle temperature.

– Certificazioni. Solo il 35% dei prodotti ha almeno una certificazione, e il 70% di queste riguarda aspetti non legati alla riutilizzabilità (come la gestione ambientale). Solo il 17% del campione cita la norma UNI EN 12875:2005 sulla resistenza al lavaggio, che però non garantisce la riutilizzabilità effettiva.

Le proposte di Legambiente

Per evitare che la plastica monouso vietata rientri in circolazione con un semplice cambio di nome, Legambiente avanza tre proposte concrete:

– definire per legge il concetto di ‘riutilizzabile’, chiarendo requisiti minimi di durata e resistenza;

– creare un’etichettatura obbligatoria con informazioni chiare su lavaggi, temperature e smaltimento;

– monitorare i flussi di immissione sul mercato per verificare l’efficacia delle misure anti-plastica.

Il rischio greenwashing

Siamo di fronte a un ennesimo caso di greenwashing’, denuncia Stefania Di Vito, coautrice dello studio. ‘Prodotti spacciati per sostenibili rischiano di finire nella spazzatura dopo pochi utilizzi, vanificando gli sforzi normativi. Servono regole chiare e controlli’.

Intanto, i consumatori navigano a vista:

– il 18,6% delle stoviglie non riporta indicazioni sullo smaltimento,

– il 42,7% di quelle ‘microwave-safe’ non specifica le temperature massime.

Un labirinto di informazioni che, invece di favorire la transizione ecologica, rischia di minarne la credibilità eludendo le regole.

Marta Strinati

Cover art copyright © 2025 Dario Dongo (AI-assisted creation)

Riferimenti

Report ‘Usa&getta o riutilizzabile? Facciamo chiarezza!’. Legambiente. Febbraio 2025. https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2025/03/report-usa-e-getta_2025.pdf 

Marta Strinati
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Professional journalist since January 1995, he has worked for newspapers (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) and periodicals (NumeroUno, Il Salvagente). She is the author of journalistic surveys on food, she has published the book "Reading labels to know what we eat".