La celiachia è una malattia sociale endemica che interessa circa l’1% della popolazione in Italia. Due recenti studi indicano un’infezione virale tra le possibili cause e un nuovo metodo di analisi del sangue per la diagnosi su adulti.
Celiachia, le cause di una malattia autoimmune
La celiachia è una malattia autoimmune multi-organo, scatenata dall’ingestione di glutine nei soggetti predisposti per genetica ed epigenetica. Colpisce circa 200 mila individui in Italia, con prevalenza di diagnosi nelle fasce d’età 19-40 (35% ca.) e 41-65 anni (31%). Si considera peraltro che a tutt’oggi circa il doppio di pazienti sia ancora privo di diagnosi. Si stima inoltre una crescente occorrenza in età pediatrica, valutata attorno all’1,3-1,5%.
Le fasi perinatali (tra la 29a settimana di gestazione e i primi 28 giorni dopo il parto) sono state correlate ai rischi di contrarre la malattia nell’infanzia, in uno studio condotto in Svezia su 1,9 milioni di individui. Laddove un probabile ruolo nell’alterazione della flora batterica (disbiosi) nel bambino è stato attribuito a vari fattori, tra i quali le infezioni del tratto urinario e le sfavorevoli condizioni socio-economiche (con impatto sulla qualità della dieta) della madre.
L’esposizione al glifosate tramite il consumo di alimenti che ne contengano residui è a sua volta associata alla prevalenza di celiachia, nelle ricerche condotte al MIT, Massachusetts Institute of Technology. (2) Ove si è dimostrato come il pesticida – oltre a danneggiare i villi intestinali e ridurre la capacità del microbiota di assorbire vitamine e minerali – interferisca con la gliadina, una delle frazioni proteiche del glutine. Al punto da ostacolarne gravemente la digeribilità e stimolare lo sviluppo di una reazione immunologica.
Celiachia, un’infezione virale tra le possibili cause
Lo studio norvegese poc’anzi pubblicato sul British Medical Journal, condotto da Christian Kahrs dell’Ostfold Hospital Trust, mostra una correlazione significativa tra l’esposizione all’enterovirus nelle prime fasi di vita e lo sviluppo della celiachia. (3) Tra i numerosi fattori all’origine della malattia celiaca sembra così potersi aggiungere anche un’infezione virale.
Il campione esaminato comprende 220 bambini con predisposizione genetica alla celiachia. 25 bambini – a seguito di infezione da enterovirus dopo il primo anno di età, con sintomi comuni quali raffreddori, vomito e afta epizootica – hanno sviluppato la patologia. Nessun collegamento è stato invece rilevato tra l’insorgenza della celiachia e le infezioni da enterovirus nei primi 12 mesi di vita, né con quelle da adenovirus.
L’allattamento al seno conferma in ogni caso la sua efficacia protettiva del sistema immunitario del bambino, anche rispetto al rischio di sviluppo della patologia autoimmune. La quale è associata alle infezioni da enterovirus dopo lo svezzamento e la conseguente introduzione del glutine nella dieta del neonato.
Il collegamento enterovirus-celiachia, secondo i ricercatori, si spiega con la capacità del virus di danneggiare la mucosa intestinale. Con conseguente alterazione quali-quantitativa dell’assorbimento del glutine e successivo sviluppo della sua intolleranza. I microrganismi sono invero spesso individuati, in letteratura, come fattori capaci di scatenare malattie autoimmuni.
Nuove diagnosi di celiachia tramite il solo esame del sangue, lo studio
Lo sviluppo di metodi diagnostici affidabili e non invasivi è un obiettivo prioritario per la ricerca biomedica e l’efficacia dei trattamenti, a fronte dei dati epidemiologici e delle stime sulla prevalenza di malattie non diagnosticate. La precocità della diagnosi è invero cruciale, per garantire al paziente l’unica cura oggi disponibile – una dieta rigorosamente senza glutine – in tempo utile rispetto a danni irreversibili della mucosa intestinale e alla possibile insorgenza di malattie anche gravi.
La diagnosi di celiachia nell’adulto richiede tuttora un prelievo di sangue – per la valutazione di anticorpi specifici della malattia celiaca (anticorpi anti-transglutaminasi IgA e anticorpi anti-endomisio) – e un’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS), con biopsie da effettuare a livello della seconda porzione del duodeno.
Nel bambino è stato frattanto messo a punto un test non invasivo, basato sul dosaggio di anticorpi-sentinella nella saliva. Tale metodo, sviluppato dal Centro di celiachia pediatrica del Policlinico Umberto I dell’Università Sapienza di Roma, si è finora dimostrato efficace fino ai 9 anni di età dei bambini.
Il dibattito scientifico sulla necessità di eseguire la biopsia nell’adulto, quando gli anticorpi risultino positivi, è tuttora vivace. (4) Considerata anche la difficoltà di seguire l’evoluzione della malattia, a seguito di somministrazione di dieta ‘gluten-free’, tramite dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio. E di distinguere con questo solo strumento i soggetti con danno intestinale persistente rispetto a quelli la cui mucosa è stata completamente ripristinata.
Lo studio USA pubblicato su Gastroenterology, di Rok Seon Choung e altri (Divisione di Gastroenterologia ed Epatologia, Mayo Clinic, Rochester, Minnesota) introduce una nuova prospettiva sul fronte diagnostico. (5) Un esame del sangue potrebbe sostituire in futuro la gastroduodenoscopia con biopsia dei villi duodenali, per accertare la malattia celiaca e registrare la guarigione della mucosa intestinale dopo l’introduzione di una dieta priva di glutine.
L’esame del complesso tTG-DGP (peptidi sintetizzati di gliadina deaminata e transglutaminasi) dimostra infatti il 99% di sensibilità (1% falsi negativi) e il 100% di specificità (0% falsi positivi) nel distinguere i pazienti con celiachia dai soggetti sani. L’utilizzo di questo test come marker di guarigione della mucosa intestinale in corso di dieta ’gluten-free’ presenta invece una sensibilità dell’84% e una specificità del 95% nel valutare la guarigione mucosale.
Questo studio può dunque indirizzare la ricerca verso l’impiego di un nuovo biomarcatore utile sia per la diagnosi, sia per il monitoraggio dei pazienti celiaci. Con la prospettiva, nei soggetti selezionati e nei bambini, di poter evitare l’esecuzione della biopsia duodenale. Favorendo la diffusione degli esami diagnostici e così la copertura sanitaria di più ampi strati di popolazione. Anche nei Paesi e nei contesti ove le analisi siano state limitate, tra l’altro, per esigenze di controllo dei costi sanitari.
Carlotta Suardi e Dario Dongo
Note
(1) Namatovu F. et al. ‘Maternal and perinatal conditions and the risk of developing celiac disease during childhood’. BMC Pediatr. 2016 Jun 8;16:77. doi: 10.1186/s12887-016-0613-y.
(2) Anthony Samsel e Stefanie Seneff, ‘Glyphosate, pathways to modern diseases II: Celiac sprue and gluten intolerance’. Interdiscip Toxicol. 2013 Dec; 6(4): 159–184. doi: 10.2478/intox-2013-0026. Si veda anche l’ebook gratuito ‘OGM, la grande truffa’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/ogm-la-grande-truffa
(3) Christian R Kahrs et al, ‘Enterovirus as trigger of coeliac disease: nested case-control study within prospective birth cohort’. BMJ 2019; 364 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.l231.
Kemppainen KM et al, ‘Factors That Increase Risk of Celiac Disease Autoimmunity After a Gastrointestinal Infection in Early Life’. Clin Gastroenterol Hepatol 2017;15:694-702.e5. doi:10.1016/j.cgh.2016.10.033 pmid:27840181
Un precedente studio ha associato il rischio di sviluppare celiachia all’infezione da reovirus T1L. Cfr. Romain Bouziat et al. ‘Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease’. Vol. 356, Issue 6333, pp. 44-50. doi: 10.1126/science.aah5298
(4) Norelle R. Reilly et al. (2018). ‘Coeliac disease: to biopsy or not?’. Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology; 15:60–66. https://doi.org/10.1038/nrgastro.2017.121
(5) Choung RS Rostamkolaei SK et al. ‘Synthetic Neoepitopes of the Transglutaminase-Deamidated Gliadin Complex as Biomarkers for Diagnosing and Monitoring Celiac Disease’. Gastroenterology. 2019 Feb;156(3):582-591.e1. doi: 10.1053/j.gastro.2018.10.025. Epub 2018 Oct 17.