Il 24.6.19 la Commissione europea ha pubblicato i risultati di una prima analisi sul fenomeno Dual Quality Food. Vale a dire, prodotti alimentari di fama venduti nei diversi Paesi UE con aspetto identico ma qualità differenti. L’analisi ha considerato 128 prodotti commercializzati in 19 Paesi UE, 1.380 referenze in tutto.
Dual Quality Food, il problema
Il fenomeno Dual Quality Food (o Dual Food Quality) riguarda quei prodotti alimentari che vengano presentati con identiche modalità salvo rivelare qualità differenti, spesso inferiori, nelle versioni destinate ad alcuni Paesi membri UE. La questione è stata denunciata a più riprese, nel corso degli anni, da associazioni di consumatori e autorità del Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria).
La differenza di qualità è stata rilevata in prevalenza sui prodotti della seconda trasformazione industriale, con vari marchi celebri spesso riconducibili a Big Food. (1) Dai dolciumi alle bevande analcoliche, prodotti surgelati e altro ancora. Marchi e confezioni in apparenza identici, ricette più o meno diverse. Quote inferiori di ingredienti caratteristici di valore, variazioni anche significative dei profili nutrizionali.
Romania, Croazia e Slovenia si erano poi unite al Gruppo di Visegrád e l’Ungheria, nel 2017, aveva notificato a Bruxelles un apposito disegno di legge. Volto ad attribuire specifici compiti di indagine su questi temi alle autorità deputate al controllo pubblico ufficiale. Un gesto politico forte, che ha effettivamente richiamato l’attenzione del presidente della Commissione europea Jean-Caude Junker.
Il 20.5.19 il governo ceco ha a sua volta dichiarato la volontà di introdurre sanzioni fino a 50 milioni di euro, nei confronti degli operatori del settore alimentare e della distribuzione, nel caso in cui le autorità nazionali di controllo riscontrino casi di dual quality foods. Tali misure dovranno comunque venire notificate in via preventiva alla Commissione europea, ai sensi della dir. 2015/1535/UE. Bruxelles potrà dichiararne l’incompatibilità con la riforma in atto della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (v. paragrafo successivo). Nondimeno, tale iniziativa contribuisce a mantenere attenzione vigile sul fenomeno in esame.
Dual Quality Food, regole in essere e in divenire
In linea generale, gli operatori economici sono liberi di differenziare le caratteristiche dei beni e servizi in relazione ai diversi mercati. È tuttavia legittimo attendere – nel ‘Mercato interno’, appunto – che i consumatori siano come minimo informati, allorché un prodotto presentato con simili modalità sia invece diverso da un Paese all’altro. Tanto più laddove le variazioni incidano non su quantità e qualità degli ingredienti, ovvero sui profili nutrizionali.
In assenza di motivi legittimi e obiettivi non è dunque possibile presentare ai consumatori prodotti diversi come identici, in quanto tale comportamento si sostanzia in un inganno al consumatore sulle qualità del prodotto. Ogni condotta in grado di indurre i consumatori in errore circa composizione e qualità dei prodotti costituisce invero una pratica già vietata da ben tre normative europee. General Food Law, Food Information Regulation, Unfair Commercial Practices. (2)
La Commissione europea ha peraltro dedicato apposita considerazione a questo aspetto, nell’ambito del New Deal for Consumers. Un gruppo di misure presentate l’11.4.18 per aggiornare la legislazione UE sulla tutela del contraente debole. (3) Tra esse si segnala la modifica della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, la cui adozione formale è prevista entro fine 2019 a seguito di accordo raggiunto i mesi scorsi con il Parlamento europeo e il Consiglio. (4) Il nuovo testo integra la Unfair Commercial Practices Directive (UCPT) all’articolo 6.2, in particolare, precisando quanto segue.
‘Una pratica commerciale che comporti il marketing di un prodotto come identico ad uno stesso prodotto commercializzato in vari altri Stati membri mentre essi hanno una composizione o caratteristiche significativamente diverse, e che induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, è una pratica commerciale ingannevole che le autorità competenti dovrebbero valutare e trattare caso per caso secondo le disposizioni della direttiva’. (5)
‘Grazie a questo accordo la pratica del doppio standard nel mercato unico ha i giorni contati. I consumatori non dovrebbero essere più fuorviati dal fatto che prodotti diversi vengono presentati come identici. I commercianti che continueranno a ingannare andranno incontro a sanzioni gravi. (Věra Jourová, Commissaria uscente per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere. V. nota 6)
Dual Food Quality, la prima ‘campagna di prova’ della Commissione europea
La Commissione europea ha pubblicato lo scorso 24 giugno i risultati di una ‘campagna di prova’ eseguita tra novembre e dicembre 2018 su 128 prodotti – 113 prodotti di marca e a 15 private label – commercializzati in 19 Stati membri, 1380 referenze in tutto. (7) Sulla base dei suggerimenti degli Stati membri, a seguito di denunce delle autorità e/o delle associazioni di tutela dei consumatori. Lo studio, coordinato dal Centro comune di ricerca (Joint Research Centre) della Commissione, ha utilizzato un metodo armonizzato per il campionamento, l’analisi e l’interpretazione dei dati. (8)
I risultati mostrano che il 9% dei prodotti presentati come identici nei diversi paesi dell’UE hanno una composizione diversa. Un ulteriore 22% dei prodotti è presentato in modo simile, pur avendo una composizione differente. Nel 27% dei casi la differente composizione è stata segnalata attraverso una diversa presentazione sul lato frontale della confezione. Nel 23% dei casi quanto indicato sul fronte dell’etichetta coincide effettivamente con la composizione del prodotto. E soltanto il 19% delle referenze risulta identica nei diversi Paesi.
Le conclusioni di Bruxelles non appaiono però coerenti con l’esito della prova. La Commissione deduce l’inesistenza di un ‘doppio standard’ che invece, sulla base di quanto sopra riportato, risulta invece evidente. Al di là della riferite circostanze secondo cui le differenze di composizione degli alimenti non implicano di per sé una differenza di qualità, e non si possa dedurre una differenza tra Est ed Ovest. Viceversa, è lecito sospettare che la ‘campagna di prova’ offra una rappresentazione superficiale e limitata, la punta di un iceberg di un fenomeno sicuramente degno di approfondimenti. I quali dovrebbero considerare non solo la ‘composizione’ – in termini di denominazione e quantità degli ingredienti – ma anche la qualità effettiva, l’origine e il valore delle materie prime impiegate. Oltre alle tecnologie alimentari adottate e le quantità degli additivi eventualmente utilizzati.
Dario Dongo e Giulia Torre
Note
(1) Anche Ferrero è stata citata tra i colossi industriali sospettati di ‘dual quality’, anche sul Financial Times.
(2) Cfr. reg. CE 178/02, art. 16. Reg. UE 1169/11, art. 7. Dir. 2005/29/CE, articolo 6.
(3) Commissione europea, comunicato stampa 11.4.18, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3041_it.htm
(4) V. dir. 2005/29/CE ‘che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’UE relative alla protezione dei consumatori’
(5) Bruxelles, 11.4.2018 COM(2018) 185 final https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52018PC0185&from=EN
(6) Comunicato stampa Commissione UE http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3041_it.html
(7) Gli Stati partecipanti sono Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.
(8) V. precedente nota 6