Il CBD naturale – estratto dalla canapa industriale, legittimamente coltivata in UE – potrebbe venire classificato come stupefacente, anziché come ingrediente alimentare, sebbene esso non abbia alcun effetto psicotropo. Delirium tremens.
È l’ultimo colpo gobbo della Commissione europea. Impegnata da anni – come chi scrive (Dongo) ha ripetutamente denunciato – nell’ostacolare la filiera agroindustriale della Canapa Sativa L.
Bruxelles cerca in ogni modo di vietare ogni utilizzo del fitocomposto più prezioso della canapa, il cannabidiolo o CBD appunto. Autorizzando al contempo la replica sintetica della stessa molecola. Con l’evidente obiettivo di riservare in esclusiva a Big Pharma i suoi cospicui vantaggi economici.
Bruxelles, puzza di bruciato
La Commissione europea ha comunicato la propria ‘decisione preliminare‘ di qualificare il CBD come stupefacente ad alcuni degli operatori di settore che avevano presentato istanza di autorizzazione al suo impiego come ingrediente alimentare, ai sensi della normativa sui Novel Food. (1) Quattro organizzazioni francesi di produttori di CBD naturale hanno perciò chiesto l’intervento del governo d’Oltralpe.(2)
La classificazione del cannabidiolo come ‘sostanza narcotica’ – oltre ad essere falsa, poiché la letteratura scientifica è uniforme nel dimostrare il contrario – avrebbe ripercussioni gravissime per un settore emblematico di sostenibilità ed economia circolare:
– gli agricoltori perderebbero la fonte primaria di reddito associata alla Cannabis Sativa L. Mettendo in crisi le promettenti attività di impiego delle fibre di canapa in materiali diversi (bioedilizia, tessuti, carta, bioplastiche),
– i produttori vanificherebbero gli investimenti in impianti di estrazione innovativi, realizzati anche in Italia. Impianti che oggi consentono di estrarre il cannabidiolo, come altri cannabinoidi, senza solventi chimici,
– i consumatori verrebbero costretti a rinunciare a un alleato del benessere di origine naturale, regolarmente utilizzato da diversi milioni di cittadini in Europa. Salvo dover acquistare il suo ‘equivalente‘ sintetico.
Una decina di migliaia di ricerche sul cannabidiolo sono state pubblicate su riviste scientifiche soggette a peer-review, nel corso degli anni. E i benefici per la salute associati al suo consumo sono stati dimostrati (spesso anche mediante test clinici sperimentali) sul CBD naturale, si noti bene, e non sulla molecola di sintesi. Non è infatti scontato che la replica sintetica sia altrettanto efficace, né comunque apprezzata. È invece forte la puzza di bruciato, ancora una volta, a Bruxelles.
OMS a favore, ONU in attesa
Gli estratti derivati dalla canapa industriale, attualmente venduti in diversi Stati membri come integratori alimentari, non hanno effetti psicotropi e sono ben tollerati dall’uomo. Sono impiegati con successo nel trattamento di dolori cronici, infiammazioni e infezioni batteriche.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha valutato favorevolmente gli effetti benefici di questi fitocomposti. Al punto da chiedere al segretario generale dell’ONU António Guterres, il 24.1.19, la rimozione della cannabis e la sua resina dalla Tabella IV della Convenzione unica sui narcotici (1961), ove esse sono formalmente equiparate a eroina e cocaina. (3)
La Commissione ONU sulla tossicodipendenza (Expert Committee on Drug Dependence, ECDD), tuttavia, ha già più volte rinviato una decisione il cui esito dovrebbe essere scontato. Alimentando il sospetto che interessi economici particolari prevalgano sulla salute pubblica.
Corte di Giustizia UE, no al divieto di vendere CBD
L’Avvocato generale della European Court of Justice (ECJ) Evgeni Tanchev, il 14.5.20, ha pubblicato un’opinione favorevole alla libertà di commercializzare il CBD nel mercato interno. Evidenziando in premessa che il cannabidiolo non è psicoattivo e gli eventuali limiti alla sua vendita mediante norme nazionali non possono venire giustificati con ipotesi di tutela della salute pubblica. (4)
Il caso posto all’attenzione della Corte di Giustizia è quello di due imprenditori francesi che avevano immesso sul mercato cannabidiolo (per e-cigarette) prodotto in Repubblica Ceca. Ed erano stati condannati dal Tribunale di Marsiglia, sulla base di una normativa nazionale che – nel vietare l’importazione di CBD (in quanto estratto dall’intera pianta) – non offre alcuna giustificazione di tipo sanitario.
Il paradiso britannico, post Brexit
La Gran Bretagna si prepara a diventare il primo mercato europeo del CBD. L’agenzia nazionale per la sicurezza alimentare (Food Standard Agency, FSA) ha chiarito che il cannabidiolo non verrà classificato come narcotico, qualunque sia la decisione della Commissione europea.
Le domande di autorizzazione quale Novel Food verranno perciò esaminate dalla FSA a partire da gennaio 2021. Ancora pochi mesi e la libertà d’azione garantita da Brexit farà della Gran Bretagna il paradiso per i produttori di CBD naturale.(5)
Dario Dongo e Marta Strinati
Note
(1) Il CBD dovrebbe venire autorizzato, ai sensi del reg. UE 2015/2283 (Novel Food), quale ingrediente alimentare o di integratori alimentari. Questi ultimi a loro volta infatti ricadono nella macro-categoria degli ‘alimenti’ (reg. CE 178/02, articolo 2)
(2) Le 4 organizzazione firmatarie del documento sono Syndacat due chanvre, Synadiet, Iteipmai, Phytolia
(3) V. la lettera della WHO in ALLEGATO
(4) Nel caso in esame, il CBD importato dalla Repubblica Ceca era estratto dall’integralità della pianta di canapa, foglie e fiori inclusi, mentre la legge francese limita la coltivazione, l’importazione, l’esportazione e l’uso alle sole fibre e sementi. V. le Conclusioni dell’avvocato generale Evgeni Tanchev presentate il 14.5.20 – Causa C-663/18
(5) Oliver Morrison, UK cannabinoid industry spots opportunity as EC considers reclassifying CBD a narcotic. Food Navigator 5.7.20