Francia, ‘senza residui di pesticidi’. Un terzo delle etichette smentito dalle analisi

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senza residui di pesticidi

Il 20.8.20 Que Choisir, la prima associazione dei consumatori francesi, ha pubblicato un’inchiesta sui prodotti alimentari ‘senza residui di pesticidi’. I quali, si noti bene, non hanno nulla a che vedere con l’agricoltura biologica.

Le analisi di laboratorio realizzate dalla Direzione generale per la concorrenza, i consumatori e il controllo delle frodi (DGCCRF, ministero dell’Economia, Francia) hanno smentito 1 etichetta su 3, rivelando contaminazioni da agrotossici anche in misura significativa. (1)

‘Senza residui di pesticidi’, significato

Senza residui di pestidi (o ‘senza glifosato’ o ‘zero residui’) è un claim in crescente diffusione sul mercato d’Oltralpe come in altri Paesi. Per rispondere alle (fondate) preoccupazioni dei consumatori circa la presenza prodotti – nei prodotti convenzionali, cioè non biologici – di residui di agrotossici che possono accumularsi nell’organismo.

Tale indicazione, come si è visto, non significa che gli alimenti così etichettati derivino da materie prime agricole coltivate senza impiego di pesticidi, erbicidi (es. glifosate) e fungicidi di sintesi chimica (come invece i prodotti bio). Ma soltanto che i prodotti finali non ne contengono i residui. Vale perciò ad attestare che sono state adottate pratiche di agricoltura integrata efficaci al punto da ‘non lasciare traccia’ della chimica utilizzata nei campi (o in serra).

‘Senza residui di pesticidi’, attendibilità?

Alcuni operatori sottopongono le dichiarazioni ‘senza residui’ o simili ad apposite certificazioni. Per attestare la serietà dei propri impegni attraverso procedure e registrazioni soggette a audit di parte terza. Ma poiché ciascuno detta le proprie regole, le procedure possono variare sensibilmente nei loro elementi cruciali (es. criteri di selezione dei fornitori e approvvigionamento, pratiche agricole e disciplinari prodotti, segregazione delle derrate, lavorazione, analisi a campione sui prodotti finiti).

L’attendibilità di queste dichiarazioni è in ogni caso legata all’affidabilità dell’operatore che la riporta sui prodotti alimentari a proprio marchio, oltreché dell’ente di certificazione. (2) In entrambi i casi di IDM (Industria Di Marca) e MDD (Marca Del Distributore), il titolare del marchio con cui l’alimento viene venduto è infatti il primo responsabile della veridicità delle informazioni fornite al consumatore. (3)

‘Zero residui’ vs biologico

I prodotti etichettati come ‘zero residui’, si ribadisce, sono alimenti convenzionali. Questo approccio può rispondere a due esigenze:

– presentare come ‘non dannosi per la salute’ alimenti convenzionali che derivano da agricoltura integrata, senza affrontare i maggiori costi delle produzioni biologiche (es. diserbo meccanico). Nella prospettiva di offrire cibi comunque preferibili rispetto a quelli ordinari, a prezzi simili, (4)

– offrire garanzie su ortofrutta coltivata in serra (es. fragole, funghi, verdura) che è attualmente esclusa dal sistema biologico.

Il biologico rimane tutt’altra cosa. Sia per i criteri sostanziali che vi si applicano – improntati anzitutto alla tutela di ambiente, suoli e biodiversità – sia per il rigoroso sistema di controlli a garanzia del loro rispetto. Sulla base di regolamenti europei consolidati e cogenti che coprono l’intera filiera from seed to fork from feed to fork, inderogabili e non negoziabili.

L’inchiesta francese

Que Choisir indica i nomi di numerosi operatori che in Francia presentano linee di prodotti ‘senza residui di pesticidi’. Bonduelle (che anche in Italia propone a scaffale due prodotti ‘senza residui’, un mais in scatola e un’insalata iceberg), Savéol, Nouveaux Champs, Demain la Terre, Natura e Sapori, etc. Prezzi vantaggiosi e offerta ‘promettente’. Almeno fino a quando la promessa non venga smentita.

‘Secondo le analisi condotte nel 2018 dalla Direzione generale per la concorrenza, i consumatori e il controllo delle frodi (DGCCRF), che riveliamo in esclusiva, in 94 prodotti controllati recanti questo tipo di dichiarazione, più di un terzo ha mostrato residui di pesticidi a dosi significative (al di sopra di una soglia chiamata ‘limite di quantificazione’)’. (1)

Le analisi, condotte su frutta e verdura etichettate come ‘Senza residui di pestidi‘, sono state ripetute nel 2019 (ancora in attesa della pubblicazione dei risultati). Ma né l’autorità governativa, né l’associazione dei consumatori hanno rivelato i marchi dei prodotti con indicazioni risultate ingannevoli e fuorilegge.

Criticità

La Francia, si ricorda, è il leader europeo nella produzione agricola ed è il primo Paese del Vecchio Continente ove la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ha messo radici. È dunque opportuno considerare alcune criticità che potrebbero ripetersi in altri Paesi UE:

– confusione dei consumAttori sul significato di una varietà di dichiarazioni che esprimono concetti diversi e difficili da comprendere. Si citano gli esempi del marchio Natura e Sapori, che esprime il non-utilizzo di agrotossici dopo la fioritura. E quello del ‘quasi (o finto) bio), nella dicitura ‘coltivato senza pesticidi‘ sotto il marchio collettivo Demain la terre,

– inidoneità di alcuni schemi di regole fai-da-te a garantire la conformità dei prodotti rispetto alle garanzie offerte. Il tasso di non-conformità rilevato da DGCCRF sulle etichette di marchi blasonati è emblematico in questo senso (non potendosi credere in diffusa attitudine alle frodi),

– complessità ed eccessiva onerosità dei controlli pubblici ufficiali.

Soluzioni possibili

L’armonizzazione delle diciture in esame è indispensabile e deve venire integrata in uno standard (es. Uni 11233:2009, Integrated production systems in agricultural food chains) ovvero in uno schema di certificazione (es. Global G.A.P.+).

Linee guida dovrebbero altresì venire condivise e adottate senza ritardo, per garantire la coerenza delle procedure adottate e delle caratteristiche dei prodotti con l’informazione ai consumatori. E soprattutto la capacità di comprenderne il significato – nonché la differenza con gli alimenti biologici – da parte del consumatore medio.

Dario Dongo e Marta Strinati

Note

(1) Elsa Abdoun. Labels “sans pesticides”, La méfiance s’impose. Que Choisir, 24.8.20 https://www.quechoisir.org/actualite-labels-sans-pesticides-la-mefiance-s-impose-n82235/

(2) Gli enti di certificazione dovrebbero a loro volta venire chiamati a responsabilità, non solo nei casi di frodi conclamate ma anche per colpevoli omissioni o disattenzioni. Affinché i consumatori e il mercato possano davvero confidare nel sistema delle certificazioni. Come non è avvenuto nei recenti scandali di Coccodí e di StraBerry

(3) Il distributore è a sua volta responsabile per il rispetto di ogni norma applicabile si prodotti venduti, ivi compresi quelli a marchio del fornitore. V. precedente articolo 

(4) La sostenibilità in agricoltura, come si è già evidenziato, non trova conferma nei dati sui consumi di agrotossici. I prodotti ‘senza residui di pesticidi’ offrono perciò almeno un segnale di effettiva attenzione nel loro utilizzo

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Dario Dongo, lawyer and journalist, PhD in international food law, founder of WIISE (FARE - GIFT - Food Times) and Égalité.

Professional journalist since January 1995, he has worked for newspapers (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) and periodicals (NumeroUno, Il Salvagente). She is the author of journalistic surveys on food, she has published the book "Reading labels to know what we eat".