La Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha emesso una sentenza significativa nella Causa C-386/23 (Novel Nutriology) del 30 aprile 2025, restringendo le condizioni per le indicazioni sulla salute relative ai ‘botanicals’ (sostanze botaniche) negli integratori alimentari. La Corte, chiamata a decidere su ‘health claims’ relativi al miglioramento dell’umore su integratori tedeschi con zafferano e semi di melone – ha statuito che tali indicazioni ‘non possono, in questa fase, venire utilizzate per promuovere integratori alimentari‘ a meno che non siano specificamente autorizzate o rientrino in un regime transitorio (CGUE, 2025).
Questa decisione, nel fornire una semplice un’interpretazione ufficiale delle regole UE, vincola ulteriormente un quadro normativo già problematico. Ed è perciò necessaria una riforma urgente e completa del Nutrition and Health Regulation (EC) No 1924/06, NHCR.
La sentenza sembra infatti restringere le condizioni d’impiego degli ‘health claims’ rispetto all’approccio più equilibrato stabilito nella precedente Causa C-363/19 della stessa Corte, ove una più ampia accettazione di prove scientifiche generalmente riconosciute era stata accolta nel regime transitorio. Ciò perpetua un profondo stallo normativo che ha raccolto ampie critiche, soffocando l’innovazione all’interno del mercato europeo degli integratori botanici del valore di 14,3 miliardi di euro e evidenziando fallimenti sistemici rispecchiati in altri settori, come i probiotici. Questa analisi esamina questo blocco, lo confronta con modelli internazionali più efficaci e propone percorsi pratici per il futuro.
Health claims sui ‘botanicals’, la precedente decisione della Corte UE
Il caso Novel Nutriology deve essere valutato alla luce della giurisprudenza della CGUE, in particolare la Causa C-363/19 (Naturschutzbund Deutschland). Tale sentenza aveva articolato una posizione giuridica più raffinata. prevedendo che:
‘durante il periodo transitorio, gli operatori del settore alimentare possono, sotto la propria responsabilità, utilizzare indicazioni relative agli effetti delle sostanze botaniche sulla salute, purché tali indicazioni siano accompagnate da un riferimento a prove scientifiche generalmente accettate e non siano fuorvianti‘.
La Corte non ha perciò respinto gli ‘health claims’ basati sull’uso tradizionale, bensì ha richiesto che essi vengano presentati nel quadro della fondatezza scientifica e della protezione del consumatore. Con un approccio normativo più inclusivo, che riconosce i diversi livelli di evidenza scientifica (es. studi osservazionali, anziché solo studi clinici in doppio cieco contro placebo su individui sani) e il valore dei ‘botanicals’ nella fitoterapia tradizionale (Leonti & Verpoorte, 2017; Santini et al., 2021).
Il periodo ‘transitorio’
Il periodo ‘transitorio’ per gli health claims sui ‘botanicals’ si è esteso ben oltre ogni ragionevole limite, quasi due decadi (!), creando un limbo normativo che la Corte dei Conti Europea (European Court of Auditors, ECA) ha stigmatizzato nel suo rapporto del 2024. La ECA ha criticato questa situazione come ‘un ritardo eccezionale e ingiustificabile nell’attuazione normativa‘ che ‘mina la certezza giuridica nel mercato unico‘ (Corte dei Conti Europea, 2024). Questo ritardo rappresenta un fallimento amministrativo di proporzioni straordinarie, con conseguenze di vasta portata per l’intera catena di approvvigionamento dei botanici europei.
Il contrasto con i medicinali vegetali tradizionali è palese: ai sensi della direttiva 2004/24/CE, questi beneficiano di un processo di registrazione semplificato che riconosce l’uso di lunga data come prova sufficiente di sicurezza ed efficacia. Ciò determina una situazione illogica in cui sostanze botaniche identiche sono soggette a oneri normativi enormemente diversi basati esclusivamente sul fatto che siano classificate come alimenti o medicinali, senza alcuna giustificazione per tale disparità. L’incoerenza tra i quadri normativi alimentari e medicinali per i ‘botanicals’ in UE ha causato distorsioni di mercato che danneggiano sia i consumatori sia la filiera produttiva, imponendo al contempo elevati costi di conformità che alla fine ricadono sugli utenti finali.
Approcci degli Stati membri: l’esempio italiano
Nella perdurante assenza di orientamenti armonizzati dell’Unione Europea sulle indicazioni sulla salute per le sostanze botaniche, l’Italia ha sviluppato un approccio proattivo per salvaguardare l’informazione dei consumatori e la stabilità del mercato. Guidato dal compianto Bruno Scarpa – un dirigente visionario, presso il Ministero della Salute italiano, oltreché caro amico di chi scrive – questo approccio nazionale riflette non solo la sua lungimiranza normativa ma anche una eredità di leadership, basata sui principi, che continua a influenzare il settore della politica alimentare e della salute.
L’Italia ha formalmente riconosciuto che ‘le informazioni obbligatorie riguardanti gli effetti fisiologici delle sostanze botaniche non costituiscono indicazioni sulla salute ai sensi del Regolamento UE 1924/2006‘ (Ministero della Salute, Italia, 2023). Questa interpretazione, nel pieno rispetto del citato regolamento, che definisce i ‘claim’ come messaggi non obbligatori (Articolo 2.2.1):
- distingue gli effetti fisiologici supportati da ‘prove scientifiche generalmente accettate’, nonché validate dal Ministero della Salute, e prescritte come obbligatorie, rispetto agli sulla ‘health claims’ (volontari), e
- consente l’uso continuato della conoscenza tradizionale, basata su diversi livelli di evidenza scientifica, senza fuorviare i consumatori né costringere gli operatori ad affrontare impossibili test clinici nell’ambito dell’omeostasi.
Il modello italiano offre un modello pragmatico che altri Stati membri e istituzioni dell’UE possono considerare, in quanto affronta l’incertezza normativa senza compromettere la salute pubblica o i principi del mercato interno. Sottolinea inoltre la necessità di un quadro armonizzato dell’UE che possa integrare l’uso tradizionale con la validazione scientifica in modo giuridicamente coerente.
Un percorso pratico per il futuro: la proposta di EHPM
La Federazione Europea delle Associazioni dei Produttori di Prodotti per la Salute (EHPM) ha sviluppato un approccio equilibrato e logico per risolvere lo stallo delle indicazioni sulla salute dei botanici. La proposta di EHPM (2021) riconosce le caratteristiche uniche delle sostanze botaniche e raccomanda un sistema di valutazione proporzionato e graduato, definendo tre distinte categorie di ‘health claims’:
- indicazioni di uso tradizionale;
- indicazioni di uso ben consolidato;
- indicazioni scientificamente fondate.
Questo sistema graduale di evidenze muove perciò dall’uso tradizionale ben documentato – definito in almeno 30 anni di utilizzo, di cui 15 all’interno dell’UE – alla ricerca scientifica più rigorosa, attribuendo a ciascuno un apposito chiarimento. La forza della proposta deriva dai suoi chiari parallelismi con il successo del quadro dei Medicinali Vegetali Tradizionali e dall’allineamento con i modelli internazionali già adottati in Giappone, Canada e USA (si vedano i paragrafi successivi).
Valorizzando la conoscenza tradizionale e richiedendo al contempo una validazione proporzionata, la proposta EHPM offre una soluzione pratica all’attuale stallo normativo. Soprattutto, fornirebbe ai consumatori europei informazioni botaniche affidabili offrendo al contempo all’industria un quadro normativo coerente e stabile.
Modelli normativi alternativi: il FOSHU giapponese e il Quadro dei prodotti naturali per la salute canadese
Il sistema Food for Specified Health Uses (FOSHU) giapponese, istituito nel 1991, rappresenta uno dei quadri normativi più evoluti per gli alimenti funzionali a livello globale. In base a questo sistema, gli alimenti e gli integratori che presentano indicazioni sulla salute subiscono un processo di valutazione proporzionato che considera sia prove scientifiche che modelli di utilizzo tradizionali. Il sistema crea requisiti di evidenza graduati, dove le sostanze con un uso storico consolidato richiedono test clinici meno estesi rispetto ai nuovi ingredienti. Questo approccio è stato accreditato sia per la protezione dei consumatori che per la promozione dell’innovazione nel settore degli alimenti funzionali in Giappone.
In Canada, la normativa sui ‘prodotti naturali per la salute’ fornisce a sua volta una disciplina distinta per i ‘botanicals’ e altri prodotti naturali, con requisiti ‘proporzionati alla natura dei prodotti e ai loro modelli di utilizzo storico‘ (Direzione dei Prodotti Naturali per la Salute canadese, 2022). Questo quadro riconosce l’evidenza dell’uso tradizionale come un fattore legittimo nel processo di valutazione, mantenendo al contempo standard di sicurezza appropriati. La normativa canadese bilancia così con successo la protezione dei consumatori con il riconoscimento delle caratteristiche uniche dei ‘botanicals’, i quali si distinguono sia dagli alimenti convenzionali che dai prodotti farmaceutici.
L’approccio statunitense: indicazioni sulla struttura/funzione
Gli Stati Uniti implementano un quadro normativo pragmatico per i botanici attraverso il loro sistema di ‘health claims’ sulla struttura/funzione. Ai sensi del Dietary Supplement Health and Education Act (DSHEA) del 1994:
- gli integratori botanici possono riportare dichiarazioni che descrivono come gli ingredienti influenzano la normale struttura o funzione del corpo umano (le cosiddette ‘indicazioni funzionali‘ che vennero definite anche nelle prime bozze della proposta della Commissione Europea per il Nutrition and Health Claims Regulation), senza richiedere l’approvazione preventiva della Food and Drug Administration (FDA);
- queste indicazioni devono essere veritiere e non fuorvianti, e devono riportare un ‘disclaimer’, in evidenza: ‘Questa dichiarazione non è stata valutata dalla Food and Drug Administration. Questo prodotto non è destinato a diagnosticare, trattare, curare o prevenire alcuna malattia‘.
Questo approccio equilibrato consente ai produttori di comunicare informazioni sostanziali sugli effetti botanici mantenendo al contempo una chiara distinzione tra integratori e prodotti farmaceutici.
I produttori devono notificare alla FDA entro 30 giorni dalla commercializzazione dei prodotti con indicazioni sulla struttura/funzione e devono conservare prove che sostanziano tali indicazioni. Questo sistema riconosce le tradizioni botaniche fornendo al contempo protezione ai consumatori attraverso un’etichettatura trasparente, per consentire loro di eseguire scelte informati.
Il settore dei probiotici
Il settore dei probiotici rappresenta un altro esempio lampante del fallimento della Commissione Europea, che ha addirittura bandito il termine ‘probiotico’ nonostante le diverse posizioni di alcuni Stati membri. Nonostante le prove scientifiche schiaccianti che supportano i loro effetti benefici sull’equilibrio del microbioma e sulla salute digestiva, i probiotici rimangono in uno stato di purgatorio normativo ai sensi del Nutrition and Health Claims Regulation (EC) No 1924/06 (NHCR). Mentre la rivoluzione del microbioma intestinale ha trasformato la nostra comprensione della salute umana – collegando le comunità microbiche a tutto, dai disturbi digestivi alle condizioni di salute mentale – i consumatori europei vengono costretti alla disinformazione sulle funzioni probiotiche di base. Ciò crea uno scenario kafkiano in cui i consumatori possono acquistare prodotti che contenngono specifici ceppi batterici ma non possono venire informati sulle loro funzioni distintive. L’attuale quadro impone un onere probatorio irraggiungibile ai produttori di probiotici, richiedendo studi clinici progettati per i prodotti farmaceutici, con l’ulteriore e straordinario onere di eseguirli su individui sani.
Questo approccio sproporzionato è particolarmente preoccupante considerando che altri importanti mercati mondiali – inclusi Giappone, Canada e Stati Uniti – hanno implementato quadri normativi equilibrati che riconoscono le caratteristiche uniche dei probiotici. L’inazione continuativa della Commissione rappresenta non solo una paralisi normativa ma un deliberato ostacolo all’informazione sulla salute pubblica, costringendo i cittadini europei a cercare guida da fonti online non regolamentate piuttosto che ricevere informazioni scientificamente fondate sulle etichette dei prodotti. Con il mercato globale dei probiotici che si prevede raggiungerà 83 miliardi di euro entro il 2027 (International Probiotics Association, 2023), l’intransigenza normativa dell’UE svantaggia significativamente i produttori europei negando al contempo ai cittadini l’accesso a innovazioni che potrebbero sostanzialmente beneficiare la salute pubblica. L’approccio della Commissione sembra guidato più dall’inerzia burocratica che dal razionale scientifico e crea un profondo disservizio sia all’industria europea che ai cittadini. Anche perciò è indispensabile una riforma immediata attraverso un approccio più proporzionato e graduato alla valutazione delle indicazioni sulla salute.
Il costo economico dell’incertezza normativa
Il settore botanico dell’UE rappresenta una forza economica significativa del valore di circa 14,3 miliardi di euro annui (European Botanical Forum, 2024), impiegando oltre 115.000 persone direttamente e sostenendo ulteriori 450.000 posti di lavoro in industrie correlate. Secondo recenti analisi di mercato, il mercato europeo degli integratori botanici è cresciuto a un tasso di crescita annuo composto del 7,2%, ma questo ritardo è significativamente inferiore ai tassi di crescita globali del 9,8% (Euromonitor International, 2024). Questo differenziale di crescita rappresenta un costo di opportunità perso stimato in 2,8 miliardi di euro all’anno per l’economia europea.
L’incertezza normativa che circonda le indicazioni sulla salute è stata particolarmente dannosa per le piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono il 78% del settore degli integratori botanici in Europa. Un sondaggio industriale del 2024 ha rilevato che il 63% delle PMI in questo spazio ha posticipato iniziative di innovazione specificamente a causa dell’ambiente normativo poco chiaro, mentre il 41% ha riferito di aver deviato investimenti verso mercati non UE dove i quadri normativi sono più prevedibili (Federazione Europea dei Produttori di Integratori Alimentari, 2024).
Inoltre, il significato del settore botanico si estende oltre gli impatti economici diretti attraverso il suo sostegno alle pratiche agricole sostenibili e alla conservazione della biodiversità. Oltre il 72% delle materie prime botaniche utilizzate negli integratori europei proviene da coltivazioni specializzate che mantengono pratiche agricole tradizionali e preservano la diversità genetica vegetale (European Botanical Foundation, 2023). Il limbo normativo minaccia queste catene di approvvigionamento sostenibili e le comunità rurali che dipendono da esse.
Conclusioni: un approccio difettoso richiede una riforma urgente
L’ultima sentenza della CGUE in Novel Nutriology sottolinea come l’approccio europeo verso gli ingredienti botanici negli integratori alimentari rimanga fondamentalmente problematico. Il quadro normativo dell’UE non serve efficacemente né l’industria né i consumatori, creando una situazione perdente che non soddisfa né gli obiettivi di sicurezza né le esigenze di informazione.
La contraddizione diventa particolarmente acuta considerando che molti ‘botanicals’ hanno secoli di uso sicuro documentato e funzionalità nelle tradizioni europee. Come sostengono Santini et al. (2021), ‘L’attuale paradigma normativo impone standard farmaceutici a prodotti con caratteristiche e contesti storici fondamentalmente diversi, creando un onere normativo inappropriato e in definitiva controproducente‘.
Il ritardo prolungato della Commissione nel risolvere questo problema suggerisce un difetto strutturale nell’approccio normativo. Richiedere prove cliniche di grado farmaceutico per sostanze con uso storico esteso rappresenta un errore fondamentale di categoria nella regolamentazione. È necessaria una riforma urgente per stabilire requisiti probatori proporzionati che riconoscano la posizione unica degli ingredienti botanici nelle tradizioni europee culturali e di benessere garantendo al contempo standard di sicurezza di base.
Il modello FOSHU giapponese, i Prodotti Naturali per la Salute canadesi e il quadro delle indicazioni sulla struttura/funzione statunitense offrono modelli robusti per tale riforma, dimostrando che la protezione dei consumatori e la fornitura di informazioni possono essere bilanciate efficacemente attraverso quadri normativi più sfumati e contestualmente sensibili. Fino a quando tale riforma non si materializzerà, i cittadini europei rimarranno intrappolati in una lacuna informativa su prodotti che sono stati a lungo parte integrante delle tradizioni regionali di benessere, mentre la catena di approvvigionamento botanica – dagli agricoltori tradizionali all’industria degli integratori – subisce interruzioni sproporzionate e ingiuste sotto una nuvola di incertezza normativa che soffoca sia l’innovazione che la crescita sostenibile.
La sentenza Novel Nutriology serve come un promemoria critico che il tempo per le mezze misure e i continui ritardi è passato. La Commissione Europea deve ora dimostrare leadership implementando una riforma completa del Regolamento sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute che garantisca sia la protezione dei consumatori che un quadro normativo proporzionato per il settore dei botanici.
Dario Dongo
Riferimenti
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- European Court of Justice. (2020, September 10). Judgment of the Court (Second Chamber) of 10 September 2020, Case C-363/19, Konsumentombudsmannen v. Mezina AB. https://tinyurl.com/bddyjf2t
- Court of Justice of the European Union. (2025, April 30). Judgment of the Court (Fifth Chamber) in Case C‑386/23: Novel Nutriology GmbH v Verband Sozialer Wettbewerb eV. ECLI:EU:C:2025:304. https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=298696&doclang=EN
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- Regulation (EC) No 1924/2006 of the European Parliament and of the Council of 20 December 2006 on nutrition and health claims made on foods. Latest consolidated version 13/12/2014: https://tinyurl.com/36jkhfyf
- Santini, A., Cammarata, S. M., Capone, G., Ianaro, A., Tenore, G. C., Pani, L., & Novellino, E. (2018). Nutraceuticals: Opening the debate for a regulatory framework. British Journal of Clinical Pharmacology, 84(4), 659-672. https://doi.org/10.1111/bcp.13496
Dario Dongo, lawyer and journalist, PhD in international food law, founder of WIISE (FARE - GIFT - Food Times) and Égalité.